Motorbike Adventure Team

Motorbike Adventure Team
Motorbike Adventure Team è formato da un gruppo di amici che hanno in comune una grandissima passione per i viaggi, la moto e per l'avventura. Assieme a voi, abbiamo realizzato qualcosa che va oltre l'esperienza personale, per quanto gratificante, di conoscere luoghi e popoli in regioni remote e spesso inaccessibili: far arrivare a quelle popolazioni un aiuto tangibile, non fatto solo di oggetti inutili.

mercoledì 24 aprile 2013

AUTOBUS PUBBLICO

diario di viaggio del 23.4.2013
AUTOBUS PUBBLICO

Nella notte l'assicurazione e' arrivata, tutti i documenti sono pronti (sia per la spedizione che per il ritiro delle due Quadrotta) e quindi con grande fiducia mi reco nuovamente in moto alla sede DAC di via Argentina; incontro Nicolas e la Senora Ileana e sistemiamo le ultime cose; poi Nicolas va alla sede centrale della dogana a Curundu ed io aspetto comodamente seduto in poltrona e con aria condizionata.
Sopo una mezz'oretta l'impiegato della DAC chiama per dire che il Jefe (il capo) aduanero che deve firmare l'autorizzazione al ritiro e' questa mattina non in sede e quindi bisogn aspettareil pomeriggio; con la S.ra Ileana decidiamo di non perdere tempo e cosi' parto da solo con la moto e mi reco al recinto della DAC, a circa 30 km in direzione di Colon (quindi lungo il canale, seguendo il trafficatissimo percorso della Transistmica); incontro il simpatico Alcibiades (una specie di Big Jim dalla pelle scura) e a Lui consegno materialmente il mio destriero a tre ruote; il ritorno alla capitale mi da' modo di immergermi nuovamente nel tessuto sociale panamegno perche, non essendoci nessuno disponibile per venirmi a prendere, decido di tornare con il bus pubblico (sono tutti uguali, modernissimi, di colore bianco con una fascia arancio) e osservare alunni in divisa, tante mamme con bambini (vicino a me si siede una con bimbo disabile), i soliti anziani, ragazze e signore che hanno terminato il lavoro, etc etc .Attraverso la citta' da zone che non conosco e ritorno alla sede DAC che sono le due del pomeriggio....e li' mi viene comunicato che il Jefe ha deciso di non andare al lavoro oggi e quindi se ne riparla domattina!!!
Ritorno a piedi a Casco Viejo e mi reco anche al supermercado Machetazo per una cena autogestita; tutto e' pronto, io sono pronto, la moto e' pronta: se il Jefe domani ha voglia di lavorare riprendero' il mio viaggio verso San Francisco. Non vedo l'ora!! 

martedì 23 aprile 2013

CAFFE' COCA COLA

diario di viaggio del 22.4.2013
CAFFE' COCA COLA

Il traffico di prima mattinata di una citta' come Panama City e' quello tipico di tutte le grandi citta' con grandi arterie di comunicazione all'interno del percorso cittadino che sono intasate da migliaia di automobili e moto; il traffico pubblico urbano e' qui quasi inesistente e non ci sono neanche (almeno nelle proporzioni che ho visto in altre capitali sudamericane) i minibus da 9 posti a cui ero abituato; come detto ieri mi sono fatto a piedi tutta la strada fino all.ufficio della ditta di trasporti e quindi ora so' abbastanza bene la strada che devo fare.
Mi immetto nella avenida Balboa a 4 corsie per senso di marcia e vado verso est costeggiando il pacifico, inverto la "rotta" e dopo pochi mt mi immetto nella Tumba Muerto che mi porta a nord a passo d'uomo fino allo svincolo a Sx per Via Argentina; ritrovo dopo 3 anni i luoghi conosciuti e mi fiondo con rapidita' al mezzanino dell'edificio Altamira ed entro coni documenti all'ofocina della DAC Transport, dove incontro la signora Eloisa che aveva seguito le pratiche di spedizioni delle moto del Mundo Maya 2010.
Mi piace quando chi ho davanti dimostra professionalita' ed efficienza ed in breve vengono fatte le copie dei documenti, preparato un "plano" di azione su cosa e come fare, inviata la richiesta di assicurazione per circolare con la nuova moto, fatte le copie che utilizzero' nelle successive dogane, interpellata la dogana per i tempi di ritiro e spedizione; verso mezzogiorno so' che domani andro' al recinto doganale con la assicurazione e, forse, potro' ritirare la nuova Quadrotta e consegnare e porre direttamente la vecchia nella stessa cassa che e' arrivata dall' Italia..
Per oggi non c'e' altro da fare, vado a farmi un triple con queso al Mc Donald del MUlticentro e poi ritorno a Casco Viejo dove per 3-4 orette mi dedico a pulire e sistemare le mie cose, quelle che ho tolto completamente dalla moto e quelle che invece spediro' in italia con la moto.
Terminate queste operazioni necessarie mi faccio una bella doccia e me ne vado al mercado rionale di Casco Antiguo, un dedalo di vecchie calles non ancora ristrutturato, sporco con tanta immondizia per terra, con urla continue dei venditori, con gente che compra, vende, si incontra, con odori "forti" e penetranti; certe facce a primo acchitto e anche certi abbigliamenti potrebbero mettere un po' di appensione ma e' come sempre solo una impressione iniziale di noi occidentali quando ci troviamo di fronte a situazioni diverse da quelle a cui siamo abituati: in realta' non provo alcuna "paura" e mi piace invece questa atmosfera viva, pulsante, vera.
Poco piu' in la' c'e' invece un supermercato come quelli "europei" e ne approfitto per comprare succhi di frutta, acqua, miele, deodorante e altre carabattole.
Uscendo, sempre nei pressi del mercato rionale, passo davanti ad un locale che avevo spesso sentito nominare in questi giorni ma che non sapevo in realta' dove fosse; il Caffe' Coca Cola e' il piu' vecchio locale (bar, pub, ristorante, rivendita di sigarette e chi piu' ne ha piu' ne metta...) di Panama ed e' frequentato in massima parte da gente locale anche se normalmente ai vecchi tavoli in legno o agli sgabelli girevoli in lisa pelle rossa del bancone qualche turista in cerca di emozioni si trova sempre.
La scelta di ritornare per la cena qui si rivelera' azzeccata; la comida tipica panamegna mi fa' assaggiare del arroz frito con cerdo (riso fritto con carne di maiale), un piatto unico dove si trovano sminuzzati anche verdure cotte, formaggio e uovo: buono buono buono e abbondante, a cui si aggiunge un bel bicchierone di spremuta di arance; me ne torno all'Hospedaje con nelle orecchie i suoni dei tanti concertini in piazza che animano le notti della capitale

lunedì 22 aprile 2013

PANAMA HATS FOR ALL

diario di viaggio del 21.4.2013
PANAMA HATS FOR ALL

Che bella sensazione svegliarsi e non avere l'assillo di sapere dove e' la moto, di non dover recuperare soldi, di non sapere se arrivo in un posto o no, insomma tutte le incertezze di questi ultimi giorni.
Oggi sono a Panama City, e' domenica e gli uffici sono chiusi e quindi non posso ritirare o spedire moto, devo solo godermi questa particolare citta', la sua parte vecchia e coloniale dove sono alloggiato e la parte nuova con l'incredibile skyline (sembra realmente di avere Manhattan di fronte) che si intravede subito al di la' della baia.
Una bella colazione per carburare il motore e poi via per le strette stradine del Casco Antiguo, primo insediamento spagnolo sul pacifico; l'Unesco e tanti investitori panamegni e stranieri stanno realmente profondendo tante risorse per il recupero architettonico e sociale di questa zona che negli anni precedenti si era degradata in maniera incredibile; resistono ancora quartieri dove e' pericoloso entrare ma mano a mano stanno per essere recuperati anche questi; a tutti gli incroci c'e' uno spiegamento di Polizia Turtistica (discreto pero') che da' sicurezza ed il turista puo' quindi godersi in tutta tranquillita' le strette calle, i bei palazzi dai colori pastelli, le chiese in stile coloniale spagnolo, i negozietti caratteristici che vendono i prodotti dell'artigianato panamegno.
E naturalmente in questi negozietti come pure nelle bancarelle lungo la strada la fanno da padroni quelli che sono gli oggetti cult di Panama, i famosi cappelli bianchi in fibra con la stringhetta nera; da Anna e dalla mia nipotina Sara ho ricevuto l'ordine di comprarne uno a testa e cosi' via a contrattare con i venditori (qui, come in altre parti del mondo, se non si contratta non si e' un buon compratore...), con atteggiamenti tra il divertito e lo spocchioso!! Ce ne sono di tutte le fogge e di tutti i prezzi ma i  migliori sono i Montecristi, fabbricati non a Panama ma in Ecuador...
Riporto gli acquisti in stanza e poi mi avvio a piedi da Casco Viejo verso il centro cittadino; incontro subito il mercato del pesce ed e' un vero piacere aggirarsi tra i banchi dove arriva il pesce scaricato con muletti da enormi casse in plastica: un po' mi ricorda la tanto amata Chioggia ma la quantita' e' veramente molto molto maggiore!!! Arrivo anche al mercato al minuto dove la gente va' a comprare pescado, mariscos, ceviche da consumare al momento per rinfrescarsi dal gran sole e dalla calura che comincia a farsi sentire parecchio. Continuo lungo il lungomare, denominato Cinta Costera, tutto recuperato e perfetto con prato inglese ben annaffiato, percorso pedonale e percorso per bici e pattini; come detto e' domenica mattina e molta gente ne approfitta per fare jogging o semplicemente passeggiare; arrivo al Multicentro, il piu' grande centro commerciale della capitale e ne approfitto per comprare un regalino all'Hard Rock Cafe'.
Ho gia' percorso quasi 4 km ma decido di continuare fino a El Cangrejo, il quartiere dove si trova Via Argentina, dove e' la sede della DAC, la agenzia dove dovro' recarmi domani per i documenti di Quadrotta: sono altri 3 km e cosi' alla fine, al ritorno al mio hospedaje, mi saro' fatto quasi 15 km sotto il sole, bevendo molta acqua e qualche succo.
Una bella doccia ed in serata esco nuovamente per la cena in un ristorante tipico panamegno:con 13 $ me la cavo egregiamente con una entrada de pescado e un piatto forte di carne, accompagnati da un ottimo succo di maracuja.
Sono finalmente tornato alla normalita' ed il semplice fatto che possa farmi una doccia senza lavarmi con il pentolino come ho fatto negli ultimi 15 giorni lo testimonia tangibilmente.

domenica 21 aprile 2013

HOSPEDAJE CASCO VIEJO

diario di viaggio del 20.4.2013
HOSPEDAJE CASCO VIEJO

Dopo la colazione autogestita con il solito latte e biscotti preparo le poche cose che ho portato con me, chiudo la borsa impermeabile e mi avvio verso il "centro" del piccolo villaggio (una volta molto importante) di Portobelo; passo davanti alla larga baia che ha visto le gesta del pirata Morgan e di tanti altri pirati e corsari ed e' ora piena di velieri moderni che battono bandiera francese, neozelandese, statunitense e panamegna: beati loro, i posti visti dal mare devono essere veramente incartevoli.
Aspetto il bus per Miramar in compagnia di due ubriaconi (che inizialmente sono loquaci e vispi ma che col il passare del tempo e dell'aguardiente ingurgitato diventano via via piu' silenziosi e melanconici) che ovviamente non vanno da nessuna parte ma restano sotto al chiosco in pietra per ripararsi dal sole che gia' batte di prima mattina; puntualissimo alle 9.30 arriva sferragliando e sbuffando, carico di molta gente di colore e qualche bianco, e alle 11, dopo il percorso ormai conosciuto su una bella strada che si snoda tra curve e saliscendi in mezzo alla giungla, ritorno al porto dove incontrero' la mia Quadrotta; intanto incontro nuovamente i due ragazzi francesi di ieri, ancora in attesa di una lancia per Santa Isabela (partiranno di li' a pochi minuti, il mio arrivo porta loro fortuna, he he he he ...) e, visto che il barco ancora no si vede, ne approfitto per un pranzetto su un ristorantino proprio in riva al mare: niente di che, eh, solo arroz, pescado, frijoles e verdura, accompagnati da un succo alla pera in lattina. Prezzo 4 dollari.
Quando alle 3 arriva il Rey Emmanuel il molo e' occupato da altre 4 imbarcazioni, una affiancata all'altra; per sbarcare la moto non si sposta alcuna barca ma il mezzo viene fatto passare, letteralmente portato a braccia, sul ponte e sotto le coperture degli altri 4 barchi: anche qui un modo di fare tipicamente centroamericano!!!
Saluto uno ad uno gli uomini con cui ho condiviso questi ultimi giorni, pago il comandante Marcial e lo ringrazio, carico per bene Quadrotta e riprendo, dopo quasi 15 giorni a guidare; la sensazione e' bellissima, sono felice, la strada e' fantastica da fare in moto, l'aria in faccia mi rigenera e volo veloce verso Sabanita per prendere l'autopista che mi portera' fin sulle rive del Pacifico: finalmente l'all around the world si e' rimesso in marcia.
Alle 6 sono in vista di Panama City ma solamente verso le 7 di sera, ormai all'imbrunire e dopo un lungo periodo fermo ad una gasolinera, riesco ad arrivare, praticamente da solo e sulla base dei vecchi ricordi di 3 anni fa, fino a Casco Viejo, la parte coloniale di quella grande citta' che e' la capitale; chiedo informazioni ad uno dei tanti poliziotti presenti nelle strade e 5 munuti dopo sono all'Hospedaje casco Viejo, di fianco alla cattedrale, in un vecchio palazzo ristrutturato: scarico tutto, porto la moto in un garage e mi sistemo in un letto in dormitorio da 8, stanco ma realmente contento.

sabato 20 aprile 2013

PANAMA SENZA MOTO


diario di viaggio del 19.4.2013
PANAMA SENZA MOTO

"Magnana temprano te voy por el cajero automatico a Portobelo" ed io ci avevo creduto ovviamente; alle sei e mezzo mi sono gia' lavato, fatto colazione e preparato il sacco impermeabile per il tragitto di 2-3 ore in lancia fino a Miramar e da li' in un bus locale fino a Portobelo (si, si e' proprio quella del pirata Morgan e il backpacker dove andro' a passare la notte si chiama Captain Jack...??!!). Aspettero' un bel po' perche' la lancia di Midas, Jamil ed Esperito arrivera' solo verso le nove e si partira' dopo le nove e mezzo per le solite formalita' dell'immigrazione (che incontrero' anche altre due volte, a Porvenir e a Miramar); i tre ragazzi commerciano in granchi e mariscos, passano di isola in isola a comprare quanto i pescatori locali hanno loro preparato e poi, quando la lancia e' ben piena, si dirigono al mercato di Miramar dove vendono tutto il loro carico. I due motori fuoriborso Yamaha Enduro da 60 cavalli danno una bella potenza e, pur con un bel peso, la snella imbarcazione scivola veloce solcando le acque delle lagune interne; in mare aperto poi alza alte colonne d'acqua che riempiono di spruzzi la barca e....anche chi c'e' dentro, ovviamente.
Intorno all'una e mezza giungiamo al molo di Porvenir dove incontro due ragazzi francesi che sono prodighi di informazioni per il sottoscritto: dove andare a dormire (appunto il Captain Jack di Portobelo), dove a mangiare ma soprattutto mi dicono che a Portobelo il Cajero non c'e' e che bisogna arrivare a Sabanita, un'oretta piu' in la' con il bus: fortuna che li ho incontrati...
Il Banco Nacional a Sabanita ha un ottimo bancomat e al primo tentativo riesco a ritirare tutto il denaro che mi serve (in altri paesi non era stato sempre cosi'..) e mi sento molto sollevato; in effetti questo fatto di non avere soldi mi inquietava parecchio e l'aver risolto il problema mi fa stare ancora piu' tranquillo...
Domani intorno a mezzogiorno anche il barco con su' Quadrotta arrivera' a Miramar ed io saro' li' ad attenderli; se Dio vuole anche questi giorni sono passati (ora devo correre come un matto e saltare parti che ritenevo importanti da visitare per poter essere a San Francisco in tempo per l'evento organizzato da Aldo Mura ma insomma, con qualche difficolta', si puo' fare...) ed ora, rasserenato sono pronto e voglioso di riprendere la mia "rotta"; a Panama Quadrotta sara' rigenerata ed io non vedo l'ora di riprendere finalmente a guidare: quasi 15 giorni di inattivita' spero non abbiano arrugginito il rapporto con il fido tre ruote!!!!
Riprendo il bus (un vecchio school bus americano, ridipinto con tinte vivaci, ma ancora con gli interni numerati per file come negli states) che mi deve riportare a Portobelo e a differenza dell'andata in cui era quasi vuoto ora e' strapieno e facciamo fatica a starci; le porte non si chiudono, ingombre come sono di gente e ci mettiamo parecchio prima di riuscire a muovere le ruote sull'asfalto che domani calchero', spero. con la mia Quadro 3D; resto in piedi buona parte del tragitto e questo mi da' modo di osservare per bene i fruitori del servizio; c'e' veramente di tutto, giovani che tornano da scuola ancora con la divisa e vecchi col bastone e una gamba ormai andata che portano orgogliosamente il loro panama bianco sulle 23, la signora di oltre 100 kg che allatta la bambina proprio di fianco a me ed impiegati con la cartella del computer ben stretta al petto; la bimbetta con la scatola dove strillano due papagallini ed il signore con i pantaloni e la camicia tutti stinti con valigia di cartone e borsa di plastica piena di ogni cosa....
In un'oretta arrivo davanti alla chiesa del Cristo nero di Portobello e a 300 mt di distanza trovo un letto in dormitorio come detto al Captain Jack; c'e' anche wifi e provo subito, ma senza esito, a collegarmi con Anna; esco per la cena e per comprare il necessario per la colazione di domattina; mi informo anche per il bus che mi riportera' a Miramar: ritrovero' la mia moto e l'equipaggio con cui ho condiviso questi ultimi giorni; salutero' e ringraziero' il comandante Marcial (che ora mi e' diventato anche simpatico, pur nel suo burbero modo di fare ha dimostrato di essere degno di rispetto e di tener fede alla parola data!!) e poi riprendero' il cammino interrotto a Turbo: nuovi posti, nuove genti, nuove esperienze di vita....

REY EMMANUEL


diario di viaggio del 18.4.2013
REY EMMANUEL

Il Rey Emmanuel e' uno dei tanti barconi che effettuano la vendita della mercanzia nel tratto di mare compreso tra il canale di Panama' (il porto di riferimento e' Colon) ed il nord della Colombia (diciamo tra Turbo e Cartagena). L'equipaggio, composto da un misto di colombiani e panamegni, e' formato da 8 elementi, compreso il comandante Marcial: gli altri sono Juan, alto e segaligno (che e' anche la mia guida a bordo e mi spiega tutto della vita di bordo); Diego, il cuoco, uomo di poche parole ma di grande animo e attenzione; Avenor, piccolo e muscoloso, che insieme a Damian, alto e muscoloso, e' addetto esclusivamente al carico e scarico delle merci; valeri, kuna di san Ignacio de Tupile, che si alterna alla guida del barcone; Airoh, piccolo colombiano dalla pelle d'ebano, che svolge sia funzioni di guida che di carico/scarico ed infine Lucio, il braccio destro di Marcial che si occupa della contabilita' ma aiuta sempre tutti nelle varie operazioni.
Come detto a bordo si mangia tre volte a giorno ma gli orari non sono fissi e sono legati alle varie tappe della giornata: la colazione puo' andare dalle 6 alle 9 della giornata e consiste in caffe' o latte o te' al cardamomo (buonissimo!!) con frutta, tortillas, carne e riso; il pranzo. dalle 10.30 alle 12.30 e' il piatto forte e in questi tre giorni si sono alternati carne di maiale, pollo, pesce cosi' come a cena dove abbiamo avuto anche polpo cotto in latte di cocco e altre amenita' caraibiche. Fatto sta' che sto' di nuovo ingrassando dopo i giorni di magra di Puerto Obaldia....
Le isole San Blas continuano  ad essere quel paradiso terrestre che si erano manifestate gia' nel primo giorno; alcune sono veramente spettacolari, con la barriera corallina che fa da scudo alle alte onde oceaniche e gli isolotti sabbiosi coperti di palme ricordano tanto i motu polinesiani (qui si chiamano tupo); molti sono disabitati e mi sorprendo a pensare quanto mi piacerebbe costruire una cas in questi luoghi.
Nelle isole piu' grandi, quelle abitate stabilmente, gli unici edifici in muratura regolarmente utilizzati sono le scuole, tutte uguali, con una fascia blu che sale dal terreno per circa un metro, il resto della parete gialla ed il tetto rigorosamente di Eternit!! I ragazzi, come del resto i maestri/e frequentano in divisa, con gonna o pantaloni blu e camicetta bianca (nelle isole piu' lontane dalla capitale, spesso le bambine utilizzano il sabure' come gonna; gli insegnanti invece hanno sempre pantaloni o gonna blu ma camicetta verdina.Dopo la sosta in 3-4 isole (con le solite operazioni di vendita di riso, bombole di gas, combustibile, birra e bibite,sigarette, latte, candeggina, etc etc ) arriviamo verso le 16 a Nargana', il centro piu' grande delle San Blas, divisa tra due isole, unite da un lungo ponte, dove c'e' internet wifi libero ed anche una banca (ma senza cajero automatico) e dove nella baia, per la prima volta, sono ormeggiate almeno 4-5 grandi velieri oceanici (anche due enormi catamarani), battenti tutti bandiera francese.
E' qui  che passeremo la notte , cullati dal piacevole rollio delle onde, e dalla musica caraibica che sale dalle strade della cittadina; qui c'e' addirittura la luce elettrica nelle strade e sembra di essere veramente in un luogo di villeggiatura: bello, veramente...
Domani dovro' cercare un posto dove ritirare denaro, assolutamente. Ve

KUNA YALA


KUNA YALA

Il Rey Emmanuel continua la sua lenta risalita della Comarca Kuna Yala, il territorio di pertinenza dei Kuna; le isole come detto sono piu' di 200 ma solo una ventina sono abitate stabilmente (e noi le stiamo toccando quasi tutte).
Dopo Caledonia, Tungala', Mulatupo che abbiamo toccato ieri (e nell'ultima abbiamo anche fatto sosta e dormito) stamattina siamo partiti presto e per periodi piu' o meno lunghi, a seconda del numero di abitanti e di conseguenza degli "affari" del barco, ci siamo fermati a Isla de Pino, Ustupo, Manetupo, Achetupo, Ailigandi' e infine San Ignacio Tupile dove arriviamo verso le 18 e dove passeremo questa nottata, dormendo sul barco saldamente ancorato al molo (i "marinos" hanno tutti le loro amache. attaccate in vari punti del soffitto della barca; io, come gia' mi era successo ai tempi della discesa del Rio Madeira -affluente del Rio delle Amazzoni- nel 2006 e come fatto ieri sera,dovro' dormire per terra sul mio materassino e col sacco a pelo; per fortuna non ci sono "ratones" nella stiva, o almeno cosi' mi dicono...) .
I Kuna sono piccoli di statura, raramente superano il metro e cinquanta (ma ho anche visto alcune donne non piu' alte di un metro e venti, hanno la pelle ambrata tipica degli indios, forse un po' piu scura ed i capelli nweri corvini; i tratti somatici sono quelli tipici degli amerindi, con zigomi alti e sporgenti, occhi neri con taglio leggermente a mandorla,naso aquilino e leggermente schiacciato; ma la cosa che li rende veramente particolari e' il modo di vestire delle donne; gli uomini ormai si sono uniformati e globalizzati, hanno abiti occidentali e quasi sempre un berretto tipo baseball col frontino molto arcuato (spesso questo berretto gli viene dato dai vari partiti politici, con il nome del candidato ben visibile, e le case dei Kuna sono ben visibili da lontano per le bandiere "politicizzate" che indicano chi e' per l'uno e chi per l'altro dei partiti politici panamegni);per le donne invece sembra che il tempo si sia fermato e l'abbigliamento normale, non per i turisti (che per la verita' io non ho visto), e' composto da una camicetta a maniche svolazzanti su cui vengono cucite le molas, le tipiche stoffe coloratissime che poi portano a vendere nei mercati di Panama City, da una gonna di cotonina coloratissima (la maggior parte delle volte nera con disegni giallo) che si chiama "sabure'", il fazzoletto rosso portato sopra i capelli e' il"mosue'" ed infine nel naso, tra le due narici verso la punta portano un anellino d'oro che chiamano "olasu'". Ma la cosa che colpisce subito da lontano sono i giri di perline che formano disegni geomterici e che tutte, ma proprio tutte, portano dalle caviglie alle ginocchia e dai polsi fino al gomito: bellissime da vedere. Anche le ragazzine, quando non sono a scuola vestono in maniera tradizionale e solo nelle isole piu' vicine a Panama City si cominciano a vedere i progressi della civilta', con Kuna che cominciano a vestire all'occidentale.
Anni fa il governo panamegno aveva tentato, a dir il vero con scarso impegno, di cambiare le leggi Kuna, di "sottometterli" ad un ordinamento che non riconoscevano, a costruirgli case in muratura nelle isole e ad abbandonare i loro riti antichi; ora queste case sono monumenti di pietra vuoti, senza tetto,e i Kuna continuano a vivere nelle loro capanne di legno o bambu, col il tetto di foglie di palma e con i gabinetti nel mare, ben lontani dalle case, strane costruzioni di 1 mt x 1 mt ( sono fatti di lamiera, di canna, di legno, qualche rara volta anche in muratura, appena costruiti hanno anche il tetto ma dopo la prima mareggiata che se li porta via la maggior parte delle volte il tetto non c'e' piu') a cui accedono con passerelle di legno.
La vita a bordo del Rey Emmanuel fluisce lenta, con lunghi periodi di inattivita' (quelli dei trasferimenti da un'isola all'altra, a volte tranquilli quando ci si sposta dentro alle lagune, a volte molto agitati con alte onde oceaniche quando si esce dalla laguna e ci avventura in mare aperto) alternati a momenti frenetici per caricare o scaricare la varia mercanzia, con tutti che sembrano sapere a menadito quello che devono fare: ogni compravendita segue regole ben precise con il compratore che si reca prima da Marcial, che gli rilascia una ricevuta; con questa si presenta a Lucio che con l'aiuto degli altri consegna la merce, facendola comparire dal fondo della stiva e solo dopo la consegna avviene il pagamento, sempre e solo a Marcial: semplice, rapido, preciso.
A domani una nuova puntata...

ISOLE SAN BLAS


diario di viaggio del 16.4.2013
ISOLE SAN BLAS
Per l'ennesima volta sono pronto all'alba e spero con tutto il cuore che stavolta sia la volta buona; sono 9 giorni che sono a Puerto Obaldia, dell'italiano Maurizio non si e' vista neanche l'ombra (avrebbe di certo aiutato avere il conforto di un connazionale che conosceva tutto del posto) ma in compenso ho trovato l'aiuto e  l'amicizia di tanta gente buona e ancora una volta posso dire di essere fortunato.
Spero ancora una volta di esserelo qui sul molo dove, tra uno scroscio pesante di acqua e l'altro, alle sette non si vede ancora nessuno; la moto e' zuppa, io quasi....ma ecco che compare uno dell'equipaggio e mi chiede il passaporto: glielo do' con gioia, so' che significa partenza e d'improvviso dimentico tutti i guai passati, le delusioni, la rassegnazione, a volte la disperazione e quasi quasi la depressione.....Sono felice so' che oggi si partira' e aspetto solo il momento in cui Quadrotta, bella carica ed in perfetto ordine di marcia, sara' posta sulla tolda del barco.
Alle 8 arriva quel momento e sotto l'ennesimo acquazzone carichiamo la moto e la parcheggiamo ben ancorata ad una delle fiancate della barca: non la smuoverebbe neanche Ercole (e d'altra parte deve resistere a delle belle "bordate" con le onde che si intravvedono) e non ho neanche dovuto scaricare nulla (quindi ridotto rischio di "ruberie").
Per la prima ora e mezzo procediamo in alto mare, con onde alte e lunghe, poi dopo un promontorio cominciamo a bordeggiare la costa ed infine entriamo nelle lagune delle Isole San Blas, centro del territorio Kuna Yala, comarca indipendente dello stato di Panama'; avete presente il paradiso? Ecco, penso che lo spettacolo che si puo' vedere muovendosi nelle calme acque interne delle San Blas sia quanto di piu' vicino all'Eden si possa immaginare; le isole sono tante, alcune grandi, con oltre 7-800 abitanti, altre piu' piccole, poche decine di indios Kuna, altre ancora sono semplici isolotti di sabbia con qualche palma o qualche mangrovia, e questi sono disabitati.
Ci fermiano per prima a Caledonia, villaggio di capanne di legno con tetti in foglie di palma, ed il barco viene assediato da decine di abitanti che vengono per il riso, per le bombole del gas, per il sapone, per i generi di prima necessita'; poi e' la volta di Tuguala' ed infine Muluatupu, dove il motore viene spento perche' qui ci fermeremo per la notte. A bordo abbiamo mangiato sia a pranzo che a cena perche' uno dell'equipaggio ha la mansione di cuoco e prepara dell'ottima carne di maiale con riso, patate e guanacate e alla sera anche una bella zuppa, molto gustosa. Approfitto anche della sosta serale per tagliarmi i capelli che stanno crescendo da 2 mesi e mezzo (la macchinetta elettrica me la presta un membro dell'equipaggio) e dopo il taglio mi sento un altro.
Gli indios Kuna abitano queste isole da prima che Colombo scoprisse l'america e sono, insieme ad un altro territorio indios nel nord, una enclave che legifera per conto suo e gode di una grande autonomia dal governo centrale panamegno; vivono seguendo regole ancestrali, si vestono ancora come facevano i loro predecessori e sono molto coreografici da vedere e anche, devo dire, molto riottosi a farsi fotografare; le poche foto che riesco a fare sono state "rubate", cosa che come sapete non mi piace affatto. Domani parlero' del loro curioso modo di vestire, degli usi, delle cose belle e di quelle meno belle di questo curioso popolo.
Ah, il nome dei membri dell'equipaggio; Marsial, il comandante, Lucio il suo secondo, Diego il cuoco, Juan il mio amico (sempre imbronciato ma un cuore grande), e poi Damian, Airo, Avenor e Valeri. A domani il seguito.....

venerdì 19 aprile 2013

BUON COMPLEANNO, MAURIZIO


diario di viaggio del 15.4.2013
BUON COMPLEANNO, MAURIZIO

Oggi e' il mio compleanno, compio 57 anni, ma giorno e situazione peggiore non potevo immaginarlo, neanche come autore di libri horror...
Qualcuno come sempre, non trovandosi personalmente in una situazione come questa (e naturalmente senza nessuna esperienza di viaggi di questo genere), dira' che sto' esagerando, che devo godermi questo splendido paesaggio caraibico, che devo immergermi in questa atmosfera e lasciar fluire tranquillamente il tempo; certo, ha ragione, anch'io se fossi comodamente in poltrona al calduccio mentre fuori magari c'e' vento e pioggia, la penserei nella stessa maniera; probabilmente invidierei chi sta' vivendo un'avventura (perche' di questo si tratta) come questa di Puerto Obaldia in Panama' e poi potra' raccontarla agli amici nelle serate invernali, davanti al proiettore con le fotografie a colori che cosi' bene rendono l'atmosfera....
Ma essere qui da 8 giorni ormai, ultimo sopravvissuto mentre tutti gli altri se ne sono andati da un pezzo, sentendosi dire per tre volte che domani si parte e poi non si parte affatto, incerto sul trasporto e senza soldi (gia', sono ricchissimo - si fa' per dire - ,ho tre targhette di credito, non ho problemi a finire il viaggio ma...non ho i dollari necessari per pagarmi dove dormire stanotte; devo fare la scelta tra mangiare e dormire e dopo due sere in cui ho mangiato scatolette e platano - la solita banana fritta - ho deciso che dormiro' all'aperto ma mi faccio una cena come si deve con pescado e verdura in un ristorante locale per 4 dollari), non sapendo quando si arriva a Panama City e soprattutto dovendo fidarmi di persone che hanno ampiamente dimostrato di essere ...inaffidabili, beh, non credo che tanti altri sarebbero proprio tranquilli.
Ho provato a contattare tutti i possessori di lancia presenti oggi a Puerto Obaldia ma o la lancia e' troppo piccola e non se la sentono di caricare Quadrotta (gia' la moto e' il vero, grosso, problema e quello che era uno dei suoi pregi, il comfort di guida legato alla sua "stazza", si sta' rivelando oggi un grosso problema per lo spazio occupato dal davanti e per il peso) oppure se e' grande preferiscono per lo stesso prezzo (che risulta oltretutto enorme, circa 1100 $, 100 $ per persona) trasportare persone perche' hanno meno lavoro e responsabilita'; sono cosi' condannato ad andare con un barco comandato da un ubriacone e sperando che i compagni di viaggio (cioe' gli uomini dell'equipaggio) siano delle  "brave persone".
Nel pomeriggio pero' ricevo il regalo piu' bello di questa giornata; ho passato la giornata diviso tra il molo (sperando sempre nella partenza) e una panchina davanti alla pension Cande dove e' sistemata Quadrotta, per controllarla e allo stesso tempo restare all'ombra della pergola del "consolato" colombiano; sono li' anche alle 17 quando arriva Never, il simpatico gestore della pensione; fin dal primo giorno con Never e' scattata una simpatia reciproca, dovuta forse anche alla quasi coetaneita' , fatta di racconti di aneddoti di viaggio e simpatiche storie colombiane, di giochi logici proposti da Lui e non risolti da me e di incontri interessanti per le vie di Puerto; Lui poi e' stato continuamente prodigo di consigli su come muovermi nel difficile tessuto sociale di questa parte di Panama' e quando oggi gli dico che purtroppo non posso dormire da Lui per la notte e gli spiego il motivo eccolo confabulare un attimo con la moglie e poi dirmi che non devo preoccuparmi, che la mia camera restera' libera (perche' Lui rifiuta un cliente per darla a me) e che anche se non ho soldi posso usarla tranquillamente e farmi una bella doccia (che sia perche' comincio a puzzare dopo gli ultimi 4 giorni sempre con la stessa roba addosso??): mi viene quasi da piangere, Never riscatta con il suo "essere normale" molta della insensibilita' con cui mi sono scontrato in questi ultimi giorni.....grazie, grazie, grazie per il bellissimo regalo di compleanno!!!
E, ciliegina sulla torta, gli amici cubani mi offrono per due soli dollari una comida degna di un ristorante serio (uno di loro e' realmente uno chef) e cosi' quella che stava diventando una quasi depressione finisce per trasformarsi in una bella storia a lieto fine di cui sono involontario protagonista. Mi manca Anna, mi mancano gli amici, mi manca la cena a casa mia preparata impeccabilmente da Mariuccia ma ho trovato altre "cose" che un po' mitigano il dispiacere: la vita va avanti. e ci mancherebbe, e domani la affrontero' con rinnavata energia. GRAZIE NEVER......   

lunedì 15 aprile 2013

ANCORA A PUERTO OBALDIA


diario di viaggio del 14.4.2013
ANCORA A PUERTO OBALDIA

Anche domenica se ne e' andata ma la situazione sembra non sbloccarsi per niente; come programmato al mattino mi sveglio presto, mi lavo con il pentolino, faccio colazione con caffe' e pastina e preparo tutto il bagaglio; alle 7.30 tutto e' pronto e aspetto con ansia qualche notizia; vado a casa del comandante del barco ma non c'e' segno di vita (mi diranno poi che non e' ritornato a casa nella notte) e cosi' mi dirigo verso il molo per vedere se "qualcosa si muove": speranza vana.
Dopo una mezzoretta arriva uno degli uomini del barco e cosi' vengo finalmente a sapere che oggi non si partira' ma che la "salida" e rimandata a "manana en la manana": e' come se mi avessero sputato in faccia, la delusione e' veramente tanta, aver aspettato per 7 giorni e poi non si parte: vi assicuro che e' dura, non sai se piu' la rabbia o la rassegnazione, ti senti assolutamente impotente e ti sembra che tutto il mondo congiuri contro te....
Per fortuna ci sono gli altri della Pension Cande' a tirarti un po' fuori, a ricaricarti, a "straviarti" come dicevano i vecchi e soprattutto per fortuna che ho sposato una donna meravigliosa, pronta a sostenermi e ad essermi vicino pur se a 10 mila kilometri di distanza: grazie di esistere piccione!!
Nel primo pomeriggio Facundo e Andrea, Alexander, Simon e Thea, Adrien e Milena se ne vanno con l'aereoplano e rimaniamo solamente io e Giovanni, il cuoco messicano; sistemo le ultime carte con la dogana in modo da essere completamente pronto al momento della eventuale partenza (che ormai vedo proprio come una chimera...) e scarico parte del bagaglio; incontro un ragazzo australiano proveniente dalla Tasmania e mentre sto' parlando con Lui seduto in una panchina del parco finalmente vedo passare il signor Martial, il proprietario del barco; e' pero' in compagnia di una signora e decido di aspettare quando sara' solo (forse sono troppo educato e con questa gente....non si dovrebbe essere cosi' ma...sono fatto cosi'!!); continuo a chiaccherare con Martin ma seguo con lo sguardo la passeggiata del comandante e finalmente viene il momento: mi avvicino, mi cucco tutto il lezzo dell'alcool, gli pongo le domande che necessitano e le risposte sono tutte positive: si mi trasporta, si mi scarica a Carti', si si occupa Lui dello scarico, si puo' portarmi a Nargana' per il cajero automatico....Il prezzo e' di 300 $ che e' piu di quel che e' giusto e meno di quel che mi aspettavo. Decido di accettare..
Domani quindi dovrei (ormai il condizionale e' d'obbligo) riuscire a lasciare questo posto che se non lo avessi vissuto cosi' male sarebbe stato incantevole; nei 4 giorni necessari ad arrivare dovrei anche riuscire a vedere queste famose isole San Blas (erano uno degli obiettivi importanti di quando programmavo il viaggio) e poi dovrei finalmente arrivare a Panama City e ricominciare la "vita normale": quanti "dovrei", mi sarebbe piaciuto che fossrro certezze e non probabilita'!!!

domenica 14 aprile 2013

PUERTO OBALDIA, MI STA' QUASI ANTIPATICA


diario di viaggio del 13.4.2013
PUERTO OBALDIA, MI STA' QUASI ANTIPATICA

E' quasi una settimana che sono bloccato qui a Puerto Obaldia e comincio, non dico ad odiarla, ma a trovarla antipatica; siamo in molti qui  a restare piu' di quanto preventivato perche' il barco non arriva,  perche' il volo aereo viene cancellato o posticipato, perche' la lancia non raggiunge il numero o rompe improvvisamente qualcosa; in compenso l'arrivo dei cubani fuorusciti continua a ritmo incessante e non passa giorno che 5, 8, 13 fuggiaschi dal regime dei Castro non arrivi qui per tentare il salto verso gli Stati Uniti e la tanto anelata "liberta'".
Con Facundo e Andrea, i due ragazzi aregntini, abbiamo preso l'abitudine di andare a pescare al molo (che ormai abbiamo soprannominato "El Muelle de San Blas" dalla nota canzone del gruppo messicano dei Mana' e come la ragazza che impazzisce aspettando al molo il ritorno di qualcuno che non verra' cosi' anche noi perdiamo un po' il senno aspettando una partenza che tarda ad arrivare), con attrezzi di fortuna  e con alterna fortuna.
E' un buon posto per pensare, incuneato come e' nel meraviglioso golfo naturale di Puerto Obaldia orlato di palme che sovrastano la bianca spiaggia, e la mente vaga libera passando dal pensiero delle persone care e lontane alla situazione contingente, dalle tappe che ancora restano per completare l'all around the world alle "difficolta'" che stanno vivendo i ragazzi cubani, dalle situazioni politiche di tutti i paesi del mondo (qui siamo francesi, tedeschi, cubani, messicani, peruviani, aregntini, italiani, panamegni e colombiani) fino a tutte le motivazioni che spingono la gente a viaggiare ....
Io aspetto inutilmente l'incontro col comandante del barco e dal colloquio col padre mi faccio l'idea che e' una cosa normale, non c'e' nessuna difficolta': domattina mi presentero' al molo, la moto verra' caricata ed in quel momento si contrattera' il costo del passaggio....
Per la gente di Puerto Obaldia la mia presenza e' diventata quasi "normale", mi hanno adottato come uno del luogo per le stradine mi fermano e mi chiedono se ho novita' e quando parto; alla locanda, pardon pension Cande, mi prendono in giro per questo dicendo che sono popolare come il presidente della Repubblica (e non conoscendo il Presidente Martinelli non so' se e' un bene o un malo). Fatto sta' che ormai ogni giorno la signora della Panama Air, il comandante Ascanio Diaz della Polizia Militare, il senor Jorge della Imigracion,  Esteban del restaurante in frente alla locanda, la gente delle lance, semplici abitanti si informano se sto' per partire o no...
Spero proprio di non deluderli e riuscire domani a salire sul Rey Emmanuel e salire (pardon partire) alla volta di Carti' e Panama City. Speriamo che il Buon Dio, pur se molto impegnato per cose piu' importanti, un piccolo sguardo lo dia anche al sottoscritto. 

sabato 13 aprile 2013

EL BARCO


diario di viaggio del 12.4.2013
EL BARCO

Decisamente le cose qui non sono per niente facili; alla grande indolenza dovuta al caldo e all'umidita' si aggiunge una certa "poca voglia di lavorare" per cui sembra quasi che gli dai fastidio se per esempio vai a comprare qualcosa o semplicemente entri in un ristorante per mangiare, E' poi molto difficile avere informazioni, di qualsiasi tipo, e solo il personale della base militare (esercito e battaglione fluviale) e' prodigo di notizie e gentile e disponibile nel fornirle (grazie Ascanio); altra persona disponibile, pronto e simpatico e' Never, il proprietario della locanda dove sono alloggiato: con lui. oltre a chiaccherare amabilmente e a risolvere i problematici giochetti logici che mi sottopone, vado anche a parlare col "dueno" del barco. el senor Martial, ma ne ricevo solo le informazioni riguardanti l'orario di partenza, domenica nel mattino, il porto di sbarco, Carti', e la durata del viaggio, 3-4 giorni.
Non riesco invece ad avere il prezzo del trasporto di me e della moto: mi dice che verra' lui, una volta terminate completamente le operazioni di scarico della martcanzia, alla locanda di Never ma lo aspetto tutto il pomeriggio e non si fa' vedere; quando poi decido di andare a casa sua per parlargli e; il mio amico Ascanio della Polizia a consigliarmi di lasciar perdere per il momento in quanto "ahora esta tomando cerveza", se ne riparlera' domani mattina.
Nella locanda cambiano gli ospiti, arrivano altri fuorisciti cubani e risentiamo le storie gia' udite precedentemente; restano invece Facundo e Andrea, in attesa di un passaggio aereo che non hanno prenotato e con loro passo la giornata, pescando sul molo, osservando l'arrivo di una parte del nuovo contingente militare, ascoltando le storie dei cubani (questi sono arrivati qui camminando a piedi attraverso la selva del Darien), programmando la cena della sera: pescado fritto di antipasto e poi spaghetti (sono finalmente arrivati col barco di Martial, Puerto Obaldia ne era prima sprovvista)  con una "salsa" di fagioli e carne di maiale in pomodoro.
Ah, mi sono dimenticato di parlare del desayuno inventato stamattina; ho comprato del pane (che qui di suo e' dolce), ho comprato una banana grande, avevo ancora del Manjar (el dulce de leche) e ho tirato fuori una busta di caffe' con ginseng: beh la colazione e' stata con pane ripieno di banana tagliata a fettine e manjar accompagnato con caffe' e ginseng in acqua fredda.
Domattina, dopo il collegamento quotidiano con Anna in internet (il mio unico contatto con il mondo esterno), penso di ritornare alla casa dell'Italiano, che secondo la gente dovrebbe rigtornare per il fine settimana  poi....preparazione bagaglio, spero.

CUBANOS


diario di viaggio del 11.4.2013
CUBANOS

Passo le prime ore della giornata in compagnia dei 4 cubani che non sono partiti con gli altri ieri mattina. Becsi, Aleuty, Carlos e Gabriel sono proprio simpatici e parlano della lro situazione con molta tranquillita'  anche se in realta' cio' che li aspetta non e' proprio una passeggiata; i costi per loro sono enormemente piu' alti che per qualsiasi altro passeggero ( i colombiani ed i panamensi, sapendo che sono clandestini ne approfittano in maniera esagerata!!!) e per potersi permettere il viaggio hanno venduto tutto quello che avevano e viaggiano solo con un piccolo zainetto dove hanno tutto quello che e' loro rimasto; ora sono nella parte facile ma tra pochi giorni dovranno affrontare Nicaragua, Honduras, Guatemala e soprattutto Mexico dove, se saranno scoperti, saranno immediatamente reimpatriati con le conseguenze che vi lascio immaginare; in Mexico dovranno viaggiare "rinchiusi" nel cassone di un camion per 36 ore col pericolo diessere scoperti ma soprattutto col pericolo reale di essere uccisi per impadronirsi dei loro documenti che saranno poi usati, cambiando la foto, da emigranti messicani per entrare in USA (difficilissimo ora per un messicano entrare negli Stati Uniti) con lo status di rifugiati politici (per legge gli americani accolgono gli espatriati cubani come rifugiati politici).
Una volta negli states saranno relativamente piu' tranquilli e dopo una anno ed un giorno di lavoro avranno automaticamente la residenza in USA; sono tutti e 4 laureati ma soprattutto sono simpatici ed a modo: un vero piacere conversare con loro e sentirsi raccontare senza acredine ma con crudezza quale sia il reale modo di vivere nell'isola caraibica. Ci scambiamo le mail e do' loro appuntamento fra due anni a casa mia: se ci ritroveremo vorra' dire che tutto sara' andato come loro sperano e sognano: auguri ragazzi e auguri per poter un giorno ritornare alla Vostra patria natia.
Alla loro partenza resto con Andrea  e Facundo e ci concediamo un bel bagno nelle calde e trasparenti acque della baia di Puerto Obaldia; farsi cullare dalle onde, mollemente adagiati sul fondo sabbioso, con un cielo azzurro che da giorni non si vedeva e' davvero una goduria e ne approfittiamo a piene mani.
Piu' tardi vado anche  a fare una passggiata lungo la spiaggia fino alla casa di un italiano che da 5 anni vive qui, dividendosi tra il lavoro a Panama City e questa bellissima abitazione a 2 piani e mezzo, sistemata in mezzo alle palme e affacciata su questa baia dal mare trasparente; non manca nessun "lusso' dal giardino a prato ionglese all'alimentazione a pannelli solari, dalla ricezione satellitare e internet alle amache ed il tavolo per il barbecue; Maurizio, cosi' si chiama, momentaneamente non c'e' ma gli un bigliettino con i miei dati e spero che mi chiami fra qualche giorno.
Al ritorno al villaggio trovo la sorpresa dell'arrivo del barco; incontro Martial, il proprietario e comandante, ma e' preso dalle operazioni di scarico di tanto materiale utile all'isola e rimandiamo a domani la discussione sui particolari del mio passaggio; quello che invece non e' proprio il massimo e' che Martial qui a Puerto Obaldia ha la famiglia e quindi, dopo tanto navigare, si fermera' due giorni ed il barco no  ripartira' prima di domenica mattina: vabbe'. abbiamo fatto trenta e facciamo anche trentuno....
Domattina sapro' di che morte dovro' morire, parlero' con Martial ed avro' finalmente una visione definitiva di cosa mi aspetta nei prossimi giorni: spero che la sorte mi sia benigna!!

mercoledì 10 aprile 2013

AMICI CHE SE VANNO


diario di viaggio del 10.4.2013
AMICI CHE SE NE VANNO

Qui a Puerto Obaldia e' difficile arrabbiarsi; la gente si muove con lentezza e preferisce lasciar perdere che preoccuparsi di qualcosa; oggi poi esce anche il sole e l'indolenza e' ancora maggiore, acuita dal calore e dall'umidita'.
Una bella doccia mattutina (ah, doccia....c'e' un bidone con una caraffa in plastica e ci si lava con questa: prima ci si bagna, poi ci si insapona, ci si strofina un po' e poi via a caraffe di acqua in tutte le parti del corpo. Inizialmente sembra fredda e poi .... si sta' anche bene!!!) per iniziare la giornata, la colazione con i biscotti che porto sempre con me e poi all'internet per controllare cosa sta' succedendo: il tutto con molta tranquillita' naturalmente, niente velocita' o stress, qui non servono...
Qualcuno mi ha chiesto perche' sto' facendo questo passaggio via mare e non su una strada qualsiasi, la Panamericana, per esempio; e' presto detto: tra la Colombia e la Repubblica di Panama' non esiste una strada di passaggio, c'e' una zona intermedia, chiamata Darien Gap (il salto del Darien) dove non si passa. E perche' non si costruisce una strada, non e' anacronistico tutto questo?
Beh, i motivi sono molteplici e , oltre a quelli che Vi riporto io, ce ne saranno sicuramente altri; il Darien Gap e' una giungla fittissima, parco nazionale e patrimonio dell'Umanita', con una flora e una fauna unici, abitato da indios che sono molto legati al loro territorio: questa e' una motivazione. Venendo poi a fatti molto molto piu' terra terra (cioe' economici...) sarebbe molto controproducente per l'economia panamense, attualmente fondata per l'80% sulle entrate provenienti dal canale: se si costruisse una strada che unisce il nord al sud dell'america, buona parte delle merci che ora transitano per il canale verrebbe dirottata su altri porti e poi spostata via terra, con costi anche minori, ma con una caduta incredibile dell'economia del paese centroamericano.
Quali che siano le motivazioni, comunque, resta il fatto che ora la strada non c'e' e che l'unica possibilita' del passaggio resta quella via mare (esiste anche l'aereo ovviamente, ma altrettanto ovviamente i prezzi sono ben differenti), con tutti gli inconvenienti che io sto vivendo in questo momento ma anche con la possibilita' di assaporare e apprezzare questa vita cosi' diversa dalla nostra, con ritmi, paesaggi, gente, cultura cosi' differente dalla mia quotidianita'.
Dopo l'ormai solito jugo de guanabana Sebastian e Mauro lasciano Puerto Obaldia e prendono una lancia per Capurgana (forse stasera loro si faranno una pizza...) e resto solo all' hostel Cande del bravo senor Neve; il barco "grande" che sto aspettando sembra debba arrivare stasera o al massimo domattina; non posso far altro che aspettare ma non sento ansia ne pressione: mi sto' immergendo e assuefando a questa vita caraibica ela sensazione mi piace molto....

DOLCE FAR NIENTE DEL CARIBE


diario di viaggio del 9.4.2013
DOLCE FAR NIENTE DEL CARIBE

Ho parlato di ritmi lenti e dolce far niente? Beh, e' proprio cosi'.
Ho scoperto che in paese c'e' anche un internet (non wifi purtroppo ed il collegamento skype poi disturba la unica linea telefonica del paesino, cosi' non si puo' usare, mi dicono!!!) e cosi' riesco a comunicare con Anna (che bella cosa!!! questo mi tranquillizza ulteriormente.) e a fare con Lei il punto della situazione; poi il resto della giornata e' dedicata alle chiacchere esistenziali con Emile (che partira' nel pomeriggio con un aereo da 8 posti, dove purtroppo non si puo' caricare la moto, per Panama City), alla goduria di una serie di succhi di frutta eccezionali preparati da una signora del posto, dal farsi cullare dalle onde in compagnia di Sebastian in una piccola caletta poco lontano da Puerto Obaldia; le giornate non sono bellissime, il cielo e' spesso coperto da nuvole e ogni tanto un bell'acquazzone scarica un po' di pioggia sulla costa ma la temperatura e' gradevole, appena un po' umido; la gente e' socievole, a volte simpatica, ci sono molti giovani militari della guarnigione che ovviamente si interessano della moto e vogliono sapere tutto (soprattutto quanto costa), ci sono anche parecchie avvenenti ragazze (e molte signore un po' ... abbondanti) e circolano anche, non so' se per attirare turisti o perche' vivono qui, alcuni Kuna, gli abitanti delle isole del golfo (la Camarca Kuna Yala, come gia' detto in altre occasioni, e' una specie di enclave all'interno del territorio panamense, dove gli indios hanno la facolta' di fare leggi proprie e di amministrare il proprio territorio, mandando anche un proprio rappresentante, il vcacicco, al governo centrale di Panama), agghindati/e con i vestiti tradizionali.
Circolano molti turisti, di tutte le nazionalita' del mondo, ma e' un turismo di transito, non residenziale, gente che cerca di passare da Colombia a Panama o viceversa, in questo angolo di mondo senza comunicazione terrestre. Conosco cosi' Mauro, originario del Lago Maggiore ma ormai cittadino del mondo, ufficialmente operatore informatico, che tra qualche mese di lavoro e l'altro ha in realta' come obiettivo della vita riuscire a vedere tutti i paesi del mondo; attualmente e' a 139 e alla fine di questo viaggio arrivera' a 142; mamma mia, sono tantissimi....Lui e' bloccato qui perche' a Panama non sono arrivati i suoi bagagli (e di altri 4 passeggeri) e quindi aspetta per domani l'aereo che glieli portera'. E soprattutto conosco un gruppo di 11 cittadini cubani che stanno fuggento dal loro paese e cercheranno di raggiungere gli Stati Uniti attraversando tutto il centro america, sia con autobus di linea, nei paesi che li accettano e anche favoriscono, sia da clandestini dove il loro passaggio non e' "ben visto": realta' incredibili che non mi aspettavo certo di incontrare. Con Jorge, laureato in design, si stabilisce anche un bel rapporto e passimo insieme buona parte del pomeriggio con reciproco scambio di esperienze e informazioni sulle rispettive societa'.
Con Sebastian ed i cubani ci organizziamo in un ristorantino per farci preparare un bel piatto di delizie locali per la cifra di 3 dollari: purtroppo da bere solo acqua....pero' io ho ancora del Pisco peruviano e finiamo la giornata sorseggiando la bevanda degli altipiani andini.

PUERTO OBALDIA


Diario di viaggio del 8.4.2013
PUERTO OBALDIA

Non occorre che dica che alle 5 e mezza sono gia' in piedi, che alle 6 e mezza ho gia' preparato tutto, consumata una bella doccia, fatto colazione; alle 7 vado a prendere la moto, la carico e alle 7.30 parto per la dogana che apre alle 8 e si trova abbastanza lontano e incasinata, l;ungo la spiaggia e dentro la base militare del Batalion Fluvial; ne esco una mezzoretta dopo con tutti gli incartamenti in ordine e mi dirigo al muelle per l'imbarco. Qui trovo ad attendermi Yamil, il proprietario della lancia e, circondati da un bel numero di curiosi, ci spostiamo al luogo scelto per il carico e cominciamo le operazioni; ci vorra' quasi una ora per effettuare il trasbordo e cercare l'esatta posizione dove sistemare la moto sulla lancia.
Sono quasi le dieci quando, insieme a Sebastian, argentino ventottenne di Buenos Aires e una signora colombiana con due marmocchi al seguito, partiamo dalla baia di Turbo e, dopo il controllo della capitaneria di porto, ci dirigiamo verso il mare aperto e la costa dall’altra parte.
Il mare e’ agitato e comincio, cominciamo, a prenderci delle belle botte al “fondoschiena” ogni qualvolta affrontiamo un’onda: ne risente molto il culo ma ne risente e risentira’ soprattutto la schiena. Dopo un’ora e mezza di questa tortura siamo in mare aperto e le onde ora sono molto piu’ alte, anche 5-6 mt e, obviamente, molto piu’ forti sono i colpi che vengono inferti al nostro martoriato corpo.  A Capurgana’, circa 3 ore e mezzo dopo la partenza, c’e’ la migración della Colombia ma sono in pausa pranzo, fin circa le 2 e poi in siesta, fin verso le 2 e mezzo; con Sebastian, abbiamo intanto iniziato una buona amicizia, ci aggiriamo per le stradine del piccolo e bel paesino, anche abastanza turístico, se si vuole, con un ritmo di vita che definiré lento e’ un eufemismo: la gente, seduta davanti alle case, chiacchera, beve succhi di frutta, gioca a carte, si gode la giornata!!!
Espletate le veloci formalita’ ripartiamo alla volta di Puerto Obaldia, un’altra mezzora di tortura micidiale e, scaricata la moto e passato il controllo della dogana panamense, mi avvio per le strette vie del piccolo borgo di 300 anime, diretto alla migración; vano spostamento, sono le 16.10 e alle 16l’addetto se ne e’ andato per recarsi al suo “secondo” lavoro presso il piccolo aereoporto locale: non ha alcuna importanza, si rimanda il tutto, con tranquillita’, al giorno seguente alle otto del mattino.
Anche Puerto Obaldia segue il lento scandire del tempo del Caribe e allora anche i due nuovi amici, l’italiano in moto e l’argentino con la mochila (lo zaino in spalla), si adattano e si godono questa fermata non prevista ma che lascia e lasciera’ moto spazio al dolce far niente, al godersi le bellezze del paesaggio, al coltivare le relazioni interpersonali, al farsi cullare dalle onde….he he he he he ….
In serata conozco anche Emile, francese creollo della Guadalupa, grande viaggiatore di 65 anni, che parla correntemente francese, spagnolo e inglese, che ha vissuto in Francia, Costa d’Avorio, Australia, Argentina, Guayana Francese, e che e’ veramente un amabile conversatore e una bella persona.
Ho pochi soldi (e qui non esistono banche o cambi), sono bloccato fino all’arrivo di un barco (che tutti aspettano ma che non arriba da sei giorni, non so’ quanto tempo poi impieghera’ per arrivare fino a Carthi’ (da dove inizia la strada) o a Colon (il grande porto alla fine del Canale di Panama), il futuro appare incerto ma…mi sento tranquillo, non preoccupato, mi godo questo angolo di paradiso in compagnia di gente che come me sta’ forse cercando qualcosa in se’ o nel mondo attorno: per qualche giorno provero’ ad estraniarmi completamente dagli assili del dover andaré

lunedì 8 aprile 2013

TURBO...ELICA

diario di viaggio del 7.4.2013
TURBO ELICA

Dopo 9 giorni di guida continua e levataccie (ma quelle non mi costano fatica, lo sapete...) oggi sono fermo a Turbo, porto colombiano sul mar dei Caraibi, un pezzo di africa trapiantato in sudamerica: il 90 % della popolazione e' di colore o meticcia.
A questo proposito devo dire che il risultato e' assolutamente bello da vedere, con corpi femminili che quando non sono sformati (e succede spesso, devo dire!!) dal l'obesita' sono qualcosa di straordinario. Ed Anna sa' che non metto nessuna malizia in quello che dico ma faccio solo delle constatazioni. Il mio amico Mino invece qui diventerebbe letteralmente matto.... he he he he ....
Accompagnato del gestore dell'albergo Florida dove sono alloggiato per meno di 10 euro a notte, il gentile, simpatico e premuroso signor John Botero (e non posso non menzionare anche il disponibile Fabio, il fratello), mi reco al porto, al Muelle Waffe per la precisione e contattiamo tutti i comandanti delle barche: sono tutti diretti a destinazioni fluviali con carichi di madera, combustibile, elettrodomestici, viveri; i cargo con destinazione Panama sono tutti fuori e rientreranno solo lunedi o martedi per ripartire giovedi o venerdi. proviamo a sentire i comandanti delle lance veloci e John contatta anche un suo amico: il prezzo e' un milione di pesos (detto cosi' sembra enorme ma in realta' sono poco piu' di 410 euro per moto e persona). Mi accordo quindi con Yamil e domattina alle 7.30 ci troveremo per recarci alla dogana, poi carico e partenza per Capurgana' (bellissima spiaggia sul mar dei Caraibi) dove ci sara' il controllo della migracion colombiana; a questo punto rotta verso Puerto Obaldia per dogana e migracion panamensi e quindi con un altro barco l'arrivo a Carti' da dove inizia la strada verso Panama City: tempi di percorrenza incerti ma a questo punto non mi interessa piu', vada come deve andare... Adesso non vedo l'ora di partire e vedere come e' questa costa e queste isole che tutti mi dipingono meravigliose.
In giornata mi reco a lavare la moto, a comprare un "sombrero" in paglia tipico della regione di Antioquia dove ci troviamo, a sistemare il bagaglio sulla moto per domattina; ho anche la simpatica sorpresa di John e suo fratello che mi regalano un poncho in stoffa con i colori della Colombia: altro attestato di stima e rispetto che apprezzo molto. In serata poi comida tipica (gia' oggi mi sono fatto un "ceviche di camarones" in salsa rosa non da poco) nel ristorante in piazza dove, come spesso mi succede, sono l'unico turista non colombiano e stavolta anche ..... l'unico bianco!!!
Panama sto' arrivando. 

CONSIDERAZIONI FINALI AMERICA SUD


CO9NSIDERAZIONI FINALI AMERICA SUD
7 aprile 2013

Sono arrivato a Turbo; l'america del sud e' ormai finita (non so' che sorprese mi riservera' il passaggio a Panama' ma la parte di "guida" e' terminata); dalla repubblica centramericana comincia una nuova storia e quindi permettetemi alcune considerazioni su quanto appena concluso.
In fase di progettazione del viaggio pensavo che le parti difficili sarebbero state l'Africa e la Siberia e che l'america (del Sud e del Nord) sarebbe invece stata una delle zone piu' interessanti dl punto di vista naturalistico, paesaggistico e culturale....Beh, l'Africa e'. a tutt'oggi, il continente dove ho avuto meno problemi, facile, senza alcun inconveniente, mantenendo intatto tutto il suo fascino di crogiulo di etnie e "landscape" indimenticabili; l'Australia si e' rivelata costosa, bella, con qualche insidia maggiore di quanto mi aspettavo, con qualche inconveniente dovuto piu' alla mia sbadataggine che ad altro; l'America del Sud e' stato come preventivato bellissima, zone che non conoscevo e che hanno tenuto fede alle aspettative migliori che avevo, ma anche il piu' duro, difficile, con inconvenienti per me e per Quadrotta che sinceramente non mi aspettavo e speravo proprio di non avere.
Il problema alla frizione (con la sostituzione da provetto meccanico), la rottura del motore e gli inconvenienti creati dal ritardo dei pezzi per colpa (non ho nessun problema a dire questo) della DHL brasiliana che mi ha fatto perdere quasi 15 giorni, il "robo" del case HPRC e dello zainetto con tutto il materiale video-fotografico e di molti effetti personali, la difficolta' delle strade della Patagonia e di questo ultimo scorcio in Colombia, hanno messo a dura prova il mio carattere; penso di esserne uscito benino, sono sicuramente rafforzato e pronto ad affrontare altre difficolta' ma penso sinceramente che questa sia stata la parte piu' difficile e che il prosieguo non potra' che essere .... migliore.
Per contro questa America Sur mi ha riservato gli scorci piu' fantastici del viaggio: non posso non ricordare San Carlos de Bariloche, El Calafate, le Torres del Paine. Ushuaia, Cuzco, Macchu Picchu, la magnifica giungla colombiana, solo per nominare alcuni dei posti;e altresi’ mi ha fatto fare incontri unici, con persone uniche, ma che ben incorniciano il carattere di queste persone che abitano questo scorcio del nostro pianeta, di origine italiana o non; non posso non nominare Nicola, Ciccio Gamba  e Carina, Gabriela e Nicolas, Hector a Punta Arenas, Ramon di Ushuaia, Enrico ed Ana a Ituzaingo’, Silvio a Umuarama, Arthur e Gilliard a Medianeira, Lupita a Quito e le tante tante altre che mi hanno manifestato attenzione ed autentica amicizia nel corso di questi due mesi.
Come ho detto prima so’ che mi aspettano altre prove ed altre difficolta’; probabilmente il centro america riservera’ altre sorprese;  obiettivamente pensó che il nord america di Stati uniti e Canada dovrebbe essere piu’ facile (e saro’ come sempre smentito….), che la Siberia sara’ anch’essa difficile (ma affrontata in compagnia e’ certamente un’altra cosa) ma questa terza parte del All Around The World non la dimentichero’ tanto fácilmente.
Anche in questo caso grazie a Voi per seguirmi, per averlo fatto e per continuare a farlo (spero); spero anche che nuovi amici si inseriranno nel blog e parteciperanno insieme a noi a questo bellissimo, accattivante, coinvolgente “Sogno lungo un Anno”. A tutti voi….GRAZIE …..
Ah, e’ da un pezzo che non lo faccio e quindi Vi invito a donare qualcosa a favore di Emergency: costa poco ed ha un grande effetto!!! Farlo e’ facile: entrate nel blog ed avrete in alto a Sx le indicazioni per come fare. Come si entra nel blog? Altrettanto facile: nel sito www.motorbiketeam.com sulla barra di Dx cliccare su diario di viaggio ed e’ fatta; oppure direttamente, sempre sulla barra di Dx, cliccate su aspetto umanitario ed ándate a fondo della pagina. Se volete e’ veramente facile (fatelo e fatelo fare ai Vostri amici). Se non volete….beh, tutte le scuse sono buone!!

ALLUCINANTE


diario di viaggio del 6.4.2013
ALLUCINANTE

Uscire da Medellin non e' per niente facile; se poi sii fa l'errore di aspettare fin quasi alle nove e' ancora peggio... Io faccio questo errore e poi ne faccio un altro: siccome sono solo 360 km fino a Turbo penso di arrivare abbastanza velocemente al piccolo porto affacciato sul mar dei Caraibi... E gia' che ci sono faccio anche un altro errore: sbaglio strada perche' penso che le indicazioni per la costa Atlantica siano corrette anche per Turbo (mentre invece portano a Barranquilla e Cartagena, i due grandi porti del nord della Colombia, porca vacca!!!).
Insomma quando mi accorgo dello sbaglio stradale ho gia' percorso 35 km e devo tornare indietro per prendere la ruta 12 verso "occidente"; il traffico e' a dir poco caotico, con migliaia di queste piccole vetturette gialle (i taxi) che sbucano e si incrociano da ogni dove, senza alcuna parvenza di rispetto del codice stradale; l'uso delle frecce o doppie frecce e' incredibilmente distorto rispetto a quanto siamo abituati in Europa... Affronto il lungo tunnel de Occidente (si pronuncia ocsidente) e sbuco in una bella e scorrevole strada sino a Santa Fe, con un ottimo asfalto che permette belle medie di trasferimento; sono felice, la giornata e' bella, Turbo si avvicina con facilita': se continua cosi' poco dopo mezzogiorno sono al mare!!
Non l'avessi mai detto o pensato; comincia la piu' allucinante e difficile ruta di tutto il viaggio dove si mescolano tutte le cose: strada rovinata e per lunghi tratti in sterrato duro e assassino, con buche, fango, sassoni, ripio, strettoie maledette; acqua da sopra e da sotto (piove e dalla montagna arrivano larghi rivoli in mezzo alla "carreggiata") e continue curve e controcurve. Ci sono, visto che e' sabato, pochi camion, ma ci sono, e uno me lo trovo capovolto proprio in mezzo alla strada dopo un tornante in salita (resta appena appena lo spazio per il passaggio della moto), con parecchia gente intorno alla cabina del conducente e ambulanza che arriva pochi secondi dopo...
Mi fermo per mangiare le ultime banane e mele e arance della senora Lupita e quando faccio per ripartire l'accensione non va; maledizione,  la batteria fa i capricci e non riesco ad accendere la moto; non ci penso molto, sono in leggera discesa e mi lascio trasportare a valle; dopo 2-3 km arrivo in un villaggio (in piano purtroppo) dove la gente nullafacente davanti alle case(e’ mezzogiorno o poco dopo) mi guarda sorridendo e si scambia commenti sottovoce (mi sembra che tutti pensino all'europeo con la moto innovativa ma rimasto a piedi in mezzo al niente: la rivincita dei "poveri"  sui "ricchi"; ma probabilmente questi sono solo i miei pensieri, aggravati dalla fatica di spingere i miei 300 kg di Quadrotta su una strada che non aiuta piu').
Arrivo ad una gasolinera e qui si raduna una piccola folla con ognuno che esprime il suo pensiero; chiedo per favore dei cavi per far ponte e in due minuti Qauadrotta e' di nuovo pronta a ripartire; grandi pacche sulle spalle, foto ricordo con i convenuti e poi via di nuovo lungo una strada sempre piu' dura e massicciamente presidiata dall'esercito in assetto da guerra (ora in piu' punti ci sono anche i semicingolati e autoblindo con tanto di cannoncino e mitragliatrice: la guerra ai mercanti di droga ha dato i suoi frutti ma il dispendio di energie militari e' stato ed e' ancora notevole!!!)
Mi sto' muovendo in una zona di montagna con foresta lussureggiante, abitata da popolazioni di chiara origine indios e le case lasciano il posto alle tipiche capanne circolari sopraelevate e senza pareti laterali: bellissimo da vedere, vorrei dire che ne vedo piu’ qui che non quando ho attraversato l’Amazzonia nel 2006… Prendo comunque parecchia acqua ma anche in questo caso non metto l’antipioggia perche’ sono convinto che npoi mi asciughero’ correndo: stavolta ho ragione!!
Scendo di quota e gli ultimi kilometri sono una goduria, con una bella strada asfaltata, grossi  centri abitati, l'aria del mare che comincia a riempire i polmoni nel giorno che ormai volge al tramonto: la musica sparata a tutto volume di Turbo, che in un altro momento mi avrebbe dato fastidio e' invece quasi una melodia in questo momento e ringrazio Dio di essere arrivato; Quadrotta ha tutta una serie di piccole magagne che lasciano sempre sul chi vala' per la paura di rotture importanti ma ormai sono a Turbo, domani cerchero' un passaggio verso Panama e li'.... comincia un'altra storia.
Il Sudamerica, cosi' come l'Africa e l'Australia, e' archiviato; il All Around The World ha superato il giro di boa del meta' percorso; io sto'  bene e Quadrotta ripartira' rivitalizzata da Panama City: in questo momento non posso che pensare che la vita e' bella!!!! 

MEDELLIN


diario di viaggio del 5.4.2013
MEDELLIN

La colazione come sempre, quando non si puo' prendere direttamete in ostello, la "tomo" lungo la strada ma stavolta non faccio una scelta felice: ad un distributore Esso il locale per il desayuno e' bello, aperto e ventilato, ma povero di cose e mi devo accontentare di un caffelatte neanche tanto buono e di una tortillas fritta: per fortuna ho sempre con me i miei biscotti....
Bella strada inizialmente, che ovviamente si inerpica su e giu' per la montagna, ma abbastanza scorrevole e piacevole da fare in moto; la Colombia e' un paradiso terrestre per quanto riguarda la flora, con una giungla realmente lussureggiante e ricca di centinia di alberi e cespugli come e' difficle vedere in altre parti del mondo; in questa parte del paese, come gia' riscontarto altrove, non ci sono le grandi estensioni ma, sui pendii delle montagne, i contadini hanno il loro piccolo appezzamento, strappato con difficolta' alla natura circostante.
La strada ancora sale paurosamente (difficile per voi a casa immaginare le pendenze di queste salite e discese) e la strada, ovviamente, diventa molto brutta, continuamente intervallata a tratti che ormai sono sterrato puro, con una lunga teopria di camiones che rendono penoso procedere e che, come gia' detto, costringono a pericolosissimi sorpassi che ti fanno raccomandare l'anima a Dio piu' e piu' volte; rischio naturalmente piu' di una volta lo scontro con il veicolo che arriva in senso contrario ma il momento peggiore lo vivo alla fine di un sorpasso azzaedato e dopo una curva quando sulla strada, a pochi metri dalle mie ruote, mi ritrovo....un grasso maiale scuro; gia' vedo i titoli dei giornali: centauro italiano imprudente muore investito da un MAIALE sulle strade colombiane !!! Oltre al danno anche la beffa!!!! Riesco ad evitarlo per un soffio e continuo con le braccia ed il collo sempre piu' affaticati e con un senso di leggera frustrazione per questi kilometri senza fine: altro che le lunghe e monotone strade di Australia e Argentina.
Medellin mi accoglie con una bella pioggia equatoriale, dapprima fina e continua e poi sempre piu' forte; inizialmente non metto l'antipioggia perche penso passi velocemente e poi non lo metto perche' ormai sono bello zuppo e non servirebbe; sono costretto a fermarmi sotto un ponte con un gruppo di un decina di altri motociclisti locali (massima cilindrata delle loro motorette e' il 200 cc) di ritorno dal lavoro; resteremo una buona mezzora ad aspettare che l'acquazzone passi e poi ci avviamo tutti insieme verso la citta' vicina.
Enrome Medellin vista arrivando dalle montagne, enorme e moderna, con tanti grattacieli e d una bella autopista a 4 corsie per carreggiata ad insinuarsi tra le sue abitazioni; dopo due difficile tentativi decido di fermare un taxi e per un euro e mezzo mi faccio accompagnare al Black Sheep Hostel, nel barrio di Poblado; e' di proprieta' neozelandese ed e' frequentato da una bella serie di europei e nordamericani giovani e abbastanza simpatici.
Dopo tutte le solite cose per la sistemazione esco per le vie tranquille e mi godo una bella cena all'aperto in un locale lungo la strada; hoi preso la decisione di effettuare il passaggio da Colombia a Panama con la barca da Turbo: troppo dispendioso con l'aereo e poi voglio arrivare a Panama City con la mia moto e non in un asettico aereoporto. Domani dunque gli ultimi kilometri in sudamerica 

UN PEZZO DI AFRICA


Diario di viaggio del 4.4.2013
UN PEZZO DI AFRICA

Purtroppo non riesco vedere, come invece mi sarebbe piaciuto, il centro storico di Quito (insieme a Salta in Argentina e Cuzco in Peru’ uno dei meglio conservati del sud America) ma ormai il tempo e’ tiranno con me e devo correré, correré, correré….
Non posso invece non menzionare la señora Lupita, la mamma  del titolare dell’ostello, che si alza prestissimo (io alle 5 ero in piedi per il collegamento Skype con Anna e gia’ prima delle sei ero pronto a partire) per darmi un sacchettino di banane,arance e mele da mangiare durante il viaggio: un gesto che non mi aspettavo che mi riempie di commozione. Grazie mille, señora Lupita.
Esco da Quito molto piu’ fácilmente di quando ero entrato e comincio a macinare kilometri in un ambiente molto simile a quello dei giorni scorsi: strada abastanza buona, a parte alcuni tratti con buche ricoperte, continui saliscendi anche a quote elevate, scene di vita “campestre” che si susseguono senza soluzione di continuita’, molte popolazioni indie ad abitare questi ultimi lembi di ecuador. Ah, la benzina qui in ecuador viene venduta a galloni (quasi 4 litri) e costa intorno ai 1,480 dollari al gallone, poco meno di un terzo di euro al litro: faccio obviamente il pieno prima di uscire dal paese!!!
Arrivo alla frontiera poco prima di mezzogiorno e  le operazioni sia in Ecuador che in Colombia sono rapide ed efficienti; per la prima volta il funzionario della dogana colombiana, un ragazzo giovane e simpatico, dopo aver compilato il modulo con tutti i dati, esce e controlla la moto, con numero del telaio, del motore e foto della targa, il tutto senza alcuna tracotanza ma solamente con professionalita' e gentilezza: l'ho apprezzato!
Ancora una volta la strada comincia a salire; Pasto e' la prima citta' colombiana che si incontra nel percorso ed io ho assoluta necessita' di ritirare denaro (per la benzina, per dormire e mangiare stasera, per...tutte le necessita') ma i cajeros automatici sembrano in tilt ed i tre dove mi fermo inspiegabilmente non mi erogano quanto richiesto. Riparto un po' contrariato e mi cucco una strada brutta, tutta curve e "tacconi" come quella di ieri; la meta di giornata e' Popayan e mano a mano che mi avvicino ecco che la "ruta" si fa piu' dolce, con belle curve in mezzo alla foresta e la gente.... che diventa nera di carnagione: si, si, i tratti somatici sono quelli tipici africani ed i fisici dei giovani e delle giovani...anche. Sembra di essere in un qualche lembo di Africa. Bellissimo!!!
Purtroppo un 100 km prima di Popayan ancora questa strada difficile, dura, con centinaia di camion che rallentano all'inverosimile l'andatura e rendono arduo e pericoloso il sorpasso (d'altra parte se si vuole arrivare BISOGNA sorpassare e quindi si rischiano manovre molto ma molto pericolose. Arrivo con il buio ed anche in questo caso vengo adottato da un "locale", Jarvy, che dal distributore dove chiedo informazioni mi fa da cicerone per hostel, cajero,parqueo e cena (cena l'ho scritto in spagnolo ma si scrive come in italiano, solo si pronuncia "sena"). Ci sono ancora dei riti della semana santa in piazza e dopo la sistemazione al Hostel Trail esco per andarli a vedere. Domani Medellin, ex sede di un potente cartello della droga, ma ora mi dicono che la Colombia e' cambiata.

sabato 6 aprile 2013

EL CHANCHO

diario di viaggio del 3.4.2013
EL CHANCHO

Santa Rosa e' piccolina; fatti poche centinaia di mt mi fermo in piazza per una buonissima colazione in una panaderia ed immediatamente divento il fenomeno da baraccone, con decine e decine di persone (operai che vanno a prendere il bus, ragazzini in divisa che si recano a scuola, signore cariche di bagagli in partenza per chissa' dove, professionisti in auto che si fermano attirati dal capannello, perdigiorno) che vedono, strabuzzano gli occhi intorpiditi dal sonno notturno, atteggiano la bocca in un OHHHH di sorpresa e chiedono informazioni sulla moto e sul percorso...
Esco facilmente dal piccolo pueblo ecuadoregno e se ieri avevo avuto un assaggio delle coltivazioni di banane oggi...mi faccio un'autentica scorpacciata di "platanos" incappucciate (i caschi, enormi, vengono rivestiti con dei grandi sacchi di plastica verde e azzurra per velocizzarne la maturazione e proteggere le banane da agenti patogeni e infestanti), continuamente innaffiate da altissimi getti d'acqua: kilometri e kilometri percorsi in una bella strada che si incunea sinuosa tra gli alti filari. La strada sale e mi trovo improvvisamente ben oltre i 4000 mt di quota, fa veramente freddo ma per pigrizia non mi fermo a vestirmi maggiormente; il paesaggio e' quello gia' visto ormai diverse volte in questa sudamerica: niente alberi, bassi cespugli battuti dal vento, atmosfera grigia, gente dai pomelli rossi sul viso, imbaccuccata in poncho colorati e con l'immancabile cappello in feltro portato indifferentemente da uomini e donne.
Scendo velocemente e vertiginosamente fino ai 3600 mt di Colca e .... non credo ai miei occhi: su una bancarella in piazza una signora (ma mi accorfgero' poi che di bancarelle simili ce ne sono decine) vende ... porchetta, si si una bella porchetta a fettine, scaldate al fuoco e servite con papas (patate ma non fritte, bollite e con salsa) e choclo (il mais). Di solito non mangio a mezzogiorno ma stavolta faccio uno strappo alla regola e mi fermo, naturalmente suscitando la curiosita' dei presenti. Buonissima, un piacere per il gusto e per lo stomaco (mi scaldo in un attimo!!!).
Riparto verso Quito e di fianco a me, sulla destra, si ergono prima uno e poi l'altro i due colossi montani del Chimborazo, coperto di neve, e del Cotopaxi, coperto di nuvole, entrambi intorno ai 6000 mt; l'ingresso alla capitale Quito non e' dei piu' facili e solo dopo diverse richieste di informazioni e l'aiuto di una pattuglia della locale polizia riesco ad arrivare al Galapagos Hostel e passare tranquillamente la notte.

venerdì 5 aprile 2013

MUCHA SUERTE PATRICIO

diario di viaggio del 2.4.2013
MUCHA SUERTE PATRICIO

Lascio Chiclayo e l'Aristi Hotel senza nessuna nostalgia, niente da recriminare, sia ben chiaro, ma anche niente di particolare: solo una tappa del lungo percorso.
Nella notte e' piovuto, la moto e' tutta bagnata, ma parto senza problemi in un traffico che via via si intensifica; strada un po' malridotta, piccoli paesi che escono dal torpore della notte, tante piantagioni di banane, nebbiolina sospesa a mezz'aria.
 I km vengono macinati senza troppa fatica e alle 11.30 sono in frontiera con l'Ecuador; sono ben alto sulle montagne e non c'e' un metro in piano: tutto un continuo saliscendi, anche il parcheggio moto.
Espleto abbastanza rapidamente le operazioni in uscita dal Peru' e velocemente anche la migracion ecuadorena; alla dogana invece perdo oltre una ora perche' una doganiera in divisa militare non mi fa le carte perche' deve aspettare il suo capo che e' momentaneamente impegnato in altra operazione lontano da qui; quando il capo arriva la investe di parole per il tempo perso ed in 5 minuti il carnet viene compilato e posso andarmene.
La strada diventa veramente dura, continue curve a gomito in alta montagna, rappezzamenti dell'asfalto (tacconi in veneto) che mettono a dura prova le sospensioni di Quadrotta, tanti lentissimi camiones che rallentano all'inverosimile la marcia; speravo di arrivare piu' avanti ma alla fine sono costretto a fermarmi a Santa Rosa, piccola cittadina non lontano dal mare.
Sto' girando per le stradine in cerca di una sistemazione quando un signore ecuadoriano con tre bimbetti al seguito mi si avvicina tutto eccitato e mi chiede se sono italiano.
Patricio Flores e' un quarantaduenne, nato a Santa Rosa, ma che ha vissuto per 17 anni tra Roma e Milano, lavorando per industrie vetrarie; da 8 giorni e' ritornato in Ecuador (per stare vicino ai suoi figli e alla moglie e per il difficile momento che sta' vivendo l'Italia) e con i soldi guadagnati si e' aperto una attivita' nella sua cittadina.
Mi aiuta volentieri e mi segue passo passo per l'hotel, per il parcheggio, per il cajero automatico, per la cena della notte; sembra conoscere tutti ed ha un bel sorriso aperto e cordiale: sinceramente gli auguro che la "nuova vita" che sta per iniziare sia prodiga di soddisfazioni per lui.
Per quel che mi riguarda mi accontento dell'ottima carne asada mangiata in strada a Santa Rosa, Ecuador...

mercoledì 3 aprile 2013

PER QUALCHE KILOMETRO IN PIU'

diario di viaggio del 1.4.2015
PER QUALCHE KILOMETRO IN PIU'

Ieri dovevo fermarmi a Lima o addirittura prima ed invece alla fine sonoi andato oltre la capitale di quasi 150 km; oggi la meta doveva essere Trujillo ma quando sono arrivato la' il sole era ancora alto nel cielo ed ho deciso di continuare ancora per un po' e sono arrivato fino a Chiclayo, piccola citta' dal grande traffico.
Io lo so' che ogni volta dico che il traffico e' caotico ma penso che sinceramente pochi possano riuscire a capire cosa sono le periferrie delle citta' e cittadine sudamericane per quanto riguarda il traffico; che siano auto pubbliche (taxi ma anche no), pullmini o minibus da 9-15 posti, i bajaj locali (sorta di motorette a tre ruote, 1 avanti e due dietro, adibite al trasporto di due persone oltre il conducente), camion, biciclette, autobus di linea, tutti, ma proprio tutti si muovono suonando continuamente il clacson, tutti si fermano dove e quando vogl;iono e le frecce, quando le usano, servono solo a sviare gli altri perche' non e' detto che si andra' dove si e' messa la freccia, anzi...
Chiclayo non sfugge a questa regola e per trovare un posto dove dormire mi affido a tre ragazzotti in un taxi giallo ai quali regalo poi una monetina da 1/2 euro come ricordo: l'Aristi e' un tre stelle (una sciccheria per me) con cochera (garage) e wifi e costa ... come un ostello o poco piu'. Stasera cena autogestita dopo una puntatina al Metro Supermarket.
La strada per arrivare fin qui corre in diversi ambienti; dapprima lungo la costa (faccio colazione in una baracca vicino al mare dove vivono un simpatico signore, ex marinaio, ed il suo amico Coco', un pinguino che ha raccolto appena uscito dall'uovo sulla spiaggia li' vicino!!); poi il deserto, con alte dune sabbiose; infine, da Pacasmayo in poi, ampie vallate fittamente coltivate a ...riso, risaie senza fine, a perdita d'occhio, solo intervallate ogni tanto da enormi capannoni dove si allevano galline (ed ecco spiegato perche' qui, ovunque tu vada, in tutti i ristorantiil piatto forte e' il "caldo de gallina" (brodo di pollo) servito con l'immancabile formella di riso bianco). Ed ecco anche spiegato il perche' dei decine di molini che danno lavoro a tanti, tanti operai stagionali che si accalcano ogni mattina davanti ai cancelli per essere presi a lavorare giornata per giornata. Ci sono poi campi di cotone, grandi filari di vigne, canna da zucchero e frutteti: insomma una bella regione agricola.
Domani si entra in Ecuador, lo stato che non ha piu' una sua moneta (prima c'era il sucre) ma ha libero corso il dollaro americano....

martedì 2 aprile 2013

NAZCA E LE SUE LINEE


diario di viaggio del 31.3.2013
NAZCA E LE SUE LINEE

E' Pasqua e la prima cosa che faccio appena sveglio e' chiamare Anna (in Italia, con l'entrata in vigore stanotte dell'ora legale, la differenza e' salita a 7 ore) che si trova a casa di mia mamma insieme a mio fratello Marino e mia cognata Rosanna: ci scambiamo cosi' gli auguri di Buona Pasqua da 15.000 km di distanza (anche con Lucia, la badante di mia mamma) e riusciamo anche, meraviglie della tecnica, a farceli guardandoci negli occhi: che bella invenzione Skype!
Faccio le cose con calma, ho programmato di fermarmi in una delle spiagge prima di Lima e sono solo poco piu' di 400 km; al Nazca Trail la colazione non e' compresa ma vicino al cajero automatico dove mi fermo c'e' una panaderia-pasteleria gestita dalla senora Ana, 77 anni di simpatia, che mi prepara un caffelatte col latte di casa sua e me lo accompagna con una fetta enorme di una "postre de manzana" (torta di mele) fatto a mano da Lei, torta di mele che per il gusto e la qualita' tanto mi ricorda lo strudel di San Candido (o forse e' solo la nostalgia che mi fa sembrare tutto cosi' buono e simile a qualche mangiare italiano: mah...!!!).
Esco molto facilmente da Nazca, anche per lo scarso traffico per le strade, e dopo il rifornimento, ad una trentina di km fuori dalla cittadina, mi fermo ad una alta torre in ferro da dove, per la cifra di due sol (circa 60 centesimi) un solerte funzionario del ministro della cultura mi mostra due delle forme (las manos e l' arbol, le mani e l'albero) e mi spiega che le tredici forme delle "lineas de Nazca" sono sparse su un territorio enorme, che queste sono le uniche due che si possono vedere da "terra" e che l'aereo che fa tutto il giro passando due volte (una in senso orario ed una in senso antiorario) sopra ad ogni figura alla fine percorre circa 500 km con un prezzo di circa 90 $ (il costo e' aumentato da poco in seguito ad un incidente mortale occorso ad un turista  che ha costretto le agenzie ad avere sempre due piloti per ogni aereo).
Riparto nel caldo di una giornata senza nuvole, attraversando un deserto di dune e di belle formazioni rocciose dove pero' l'uomo si e' ricavato ampi spazi coltivati (cotone, mais, uva,..); passo anche per Pisco e non posso fare meno di fermarmi e comprarmi un mezzo litro della bevanda nazionale peruviana: il pisco e' ricavato dalla fermentazione delle uve bianche moscate o anche dette "uva italiana" (una specie di grappa quindi o piu' precisamente un'acquavite) ed anche in questo caso, e questo non lo sapevo proprio, molti dei produttori vinicoli della zona sono di origine italiana (semo come ea gramegna, siamo proprio dappertutto, santo cielo...).
Pochi kilometri ancora e comincia una bella superstrada a pagamento (le moto pero' qui non pagano ed hanno una corsia preferenziale a tutti i caselli, hai capito Alberto!) che in breve mi porta al mare (costa sabbiosa con alte onde oceaniche che rendono questa zona, e soprattutto Punta Hermosa, come uno dei paradisi dei surfisti di tutto il mondo) e alla mia meta di giornata; sono pero' solo le due e mezzo e decido cosi', come gia' mi e' capitato in altre occasioni, di continuare almeno fino alle 4-5 del pomeriggio; questo significa passare quell'autentico inferno di traffico e smog (perennemente coperta da una cappa biancastra) che si chiama Lima, la capitale del Peru'; ci sono per fortuna pochi camion in giro (non dimentichiamoci che e' Pasqua, faranno festa anche loro, no??!!) e il traffico e' in massima parte formato da vacanzieri locali che hanno scelto Pasqua per una gita o una vacanza fuori citta'; in poco piu' di un'ora bypasso la capitale (oltre 8 milioni di abitanti per questa megalopoli che e' una delle 30 citta' piu' popolata del mondo) e continuo sulla Panamaricana Norte per un altro centinaio di km fino ad arrivare a Huacho dove trovo una sistemazione spartana al Estancia Hostal: 15 soles la camera (con bagno maleodorante e scarico rotto), 15 soles la cena, 3 soles la cochera (il garage) per un totale di 33 soles (esattamente 10 euro, cena compresa).
Domani ancora bussola verso il nord, lungo la panamaricana, teoricamente fino a Trujillo ma ho gia' fatto 150 km in piu' del previsto e puo' darsi che decida di andare un po'piu' in la': vedremo domani ....
Stamatina mi sono incontrato su skype anche con Franco che ha ormai finito il suo giro da New York a Buenos Aires; la "vespa Indiana"  (ufficialmente LML Star) ha retto benissimo fino al raggiungimento della meta ma ora accusa qualche acciacco (anche importante) e Franco la sta' riportando a Santiago dove, come gia' detto, ha trovato un estimatore disposto a comprargliela. Sara' quindi ancora ospite di quel grande uomo che e' Nicola Pross per qualche giorno, prima di ritornare meritatamente  a casa, io penso pienamente soddisfatto dell'impresa realizzata e del pieno di emozioni effettuato. Beh, in un certo qual senso lo invidio tanto: tra poco riabbraccera' la sua Giorgia.....io devo ancora aspettare, accidenti.

GRANDINE


diario di viaggio del 30.3.2013
GRANDINE

Sulla carta sono 639 km, neanche poi tanti rispetto a quanto sono abituato a fare ma la differenza la fanno la strada e l'altitudine; per quanto riguarda la strada comincia immediatamente alla partenza dal Cusco, con salite vertiginose associate a fondo stradale pietoso, tutto buche e corrugamenti dell'asfalto, con continue curve strette (o acentuade come dicono qui) che mantengono la media sui 30-40 km all'ora; per quel che riguarda l'altitudine pensavo che sarebbe stata una lunga, non sempre costante ma in maggioranza, discesa ed invece salgo per ben due volte sopra i 4000 mt ed in entrambe le occasioni la strada sull'altipiano e' migliore di quella percorsa per arrivarci, ed a quell'altezza anche la semplice pioggia diventa una brutta cosa per il freddo e per la difficolta' poi ad asciugarsi correndo e da ultimo mi prendo, per la prima volta in questo viaggio, una bella razione di grandine, una grandine non grossa (1-2 mm il chicco) ma di rara densita' ed intensita', tanto da rendere la strada, il povero Maurizio ed il suo carico completamente bianchi in pochi minuti.
Ritrovo anche i nevados di alta quota, gli allevamenti di "camelidos" (alpaca, llama e vicuna) e anche molti animali bradi, le donne con i tipici costumi colorati ed il copricapo di feltro (non piu' la classica bombetta ma un bel "borsalino" a tese  larghe marrone o nero), i laghetti con fenicotteri e folaghe nere; mi piace molto questo paesaggio aspro, selvaggio ma vero e se non fosse per pioggia e grandine ci dedicherei sicuramente piu' tempo.
Quando scendo di quota la strada segue il corso di fiumi e torrenti impetuosi, stretti spesso in anguste pareti di roccia che si aprono poi in belle vallate verdi e con tanti alberi; la gente mi guarda passare sempre con sorpresa, spesso con una sorta di rispetto, a volte sorridendo; in questa parte del Peru' non esistono i grandi proprietari terrieri ed ogni famiglia e' proprietaria del piccolo pezzo di terra dove vive; una mucca , tre capre e cinque galline, uniti a quel poco che la terra lavorata con fatica (ho gia' detto che di trattori o macchine agricole se ne vedono veramente pochi) ancora a mano o con gli animali puo' dare sono sufficienti per le esigenze di questa gente umile ma dignitosa.
L'ultima fatica (se stare seduti per piu' di 12 ore su una moto puo' essere considerata una fatica!!!) di giornata e' l'attraversamento, sempre ad alta quota della Pampa de Galera, a velocita' vertiginosa per Quadrotta (sempre sui 120 kmh) in quanto da qui inizia la lunga discesa di 60 km che da quota 3800 scende vertiginosamente verso Nazca, a livello del mare o quasi.
El Senor Juan dello Nazca Trail Hostel e' gentile e premeruso, una bella fonte di informazioni sulla strada, sulle linee e come visitarle, sulle mie piccole necessita' (cajero automatico, supermercato, pile per lo spot, etc etc) ma arrivare da Lui non e' stato per niente facile in una citta' immersa nel sabato sera (sono arrivato col buio che qui scende intorno alle 18.15) e soprattutto nel sabato sera prima della Pasqua: musica a go go sparata a 110 decibel e balli nelle strade; io sono stanco, ho guidato tutto il giorno senza pause (a parte i rifornimenti) e dopo cena provo a buttare giu' qualcosa sul sito ma il sonno ha il sopravvento e, nonostante la musica alta, mi ritrovo in men che non si dica tra le braccia di Morfeo.